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“Il filo dell’orizzonte” di Antonio Tabucchi

Aggiornamento: 13 ott 2022


“Il filo dell’orizzonte” di Antonio Tabucchi

Recensione del libro "Il filo dell'orizzonte" di Antonio Tabucchi


Sono stato incoraggiato a leggere questo romanzo da due motivi. Prima di tutto mi è piaciuto moltissimo l’altro libro di Tabucchi che ho letto intitolato “Sostiene Pereira”, una storia avvincente, ben costruita e ben raccontata dall’autore, ambientata nella realtà cattolico-fascista del Portogallo degli anni trenta del Novecento. In esso Tabucchi è riuscito a creare un ritratto molto realistico e profondo del protagonista, uno stravagante e piuttosto codardo giornalista di nome Pereira e la trasformazione del suo carattere e del suo atteggiamento verso lo spietato regime che opprimeva la società portogese dell’epoca.


L’altro motivo è stata la figura dell’autore. Tabucchi non è uno dei miei scrittori preferiti, tuttavia possiede una certa caratteristica particolare per la quale lo stimo enormemente. Egli era un filologo (come me), innamorato della cultura e della lingua portoghese e possedeva una padronanza linguistica talmente ampia da poter scrivere e pubblicare libri in portogese (in questo campo, ma nel mio caso parliamo ovviamente dell’italiano, mi manca ancora tanta strada per arrivare al suo livello).


È inutile dire che vedo le sue capacità linguistiche come un perfetto modello da imitare. In questo campo Tabucchi rimane per me un modello da seguire. Egli (oltre a Józef Korzeniowski, alias Joseph Conrad) rimarrà sempre un simbolo dell’enorme successo nel processo di acquisizione di una lingua straniera.


“Il filo dell’orizzonte” tratta di un’indagine portata avanti da Spino, dipendente presso l’obitorio della città nella quale è ambienta la storia, dove un giorno viene portato il cadavere di un giovane immigrato senza nome. Secondo la polizia era il corpo di un delinquente (questa informazione è stata diffusa da tutti i giornali) che era stato ucciso durante una sparatoria tra gli agenti e dei malviventi. In piena notte, le forze dell’ordine sono state allarmate che in uno degli appartamenti si erano riuniti dei tipi pericolosi.


Quando gli sbirri hanno bussatto alla porta informando gli occupanti di essere gli agenti della polizia e chiedendo loro di farli entrare, i criminali hanno aperto il fuoco attraverso la porta chiusa, ferendo uno dei poliziotti in modo grave. In questa sparatoria è stato ucciso anche il giovane immigrato il cui dati personali non erano noti.


Questo tragico evento ha sconvolto l’opinione pubblica della città. I giornali hanno provato a cercare informazioni più dettagliate sull’accaduto, parlando non solo con i testimoni oculari, ma con tutti quelli che avevano a che avrebbero avuto a che fare con la vicenda, tra i quali anche Spino, che aveva visto la salma del presunto criminale. Il contatto con i mass media, per il protagonista, era stato tutt’altro che positivo.


I giornalisti gli sembravano molto invadenti e pragmatici, privi di scrupoli e pronti a sfruttare ogni occasione per poter scrivere uno scoop. Il loro comportamento l’ha probabilmente spinto ad intraprendere privatamente le indagini che lo porteranno a scoprire fatti ben diversi da quelli inizialmente riportati negli articoli.


“Il filo dell’orizzonte” è un giallo pieno di riflessioni e constatazioni di natura morale e di carattere filosofico. L’indagine intrapresa dal protagonista non ha come scopo quello di trovare il colpevole della morte del giovane, ma piuttosto portare alla luce il suo vero nome e le informazioni sulla sua vita, per confermare o negare le diffamazioni apparse negli articoli giornalistici.


L’autore procede nella narrazione con un ritmo piuttosto lento, come se volesse ampiare la prospettiva o creare la distanza necessaria per provocare nel lettore diversi spunti di riflessione sulla natura umana e sul mondo odierno. L’inchesta effettuata da Spino, un investigatore dilettante, permette al lettore di seguire il suo metodo di ragionameto e di valutazione dei reperti legati al caso. Tabucchi in questo processo è molto accurato, analizzando pazientemente tutti i legami logici che portano il protoganista a scoprire la verità.


Nel corso dell’indagine svolta, emerge sempre più completa la figura del personaggio principale. Più tempo Spino dedica all’inchiesta, più comprende se stesso. È la forma di autoterapia. Egli è un uomo di mezz’età, tranquillo e piuttosto pauroso. Studiava medicina, ma non ha mai finito gli studi. Ha una relazione sentimentale con Sara, ma non convivono perché lo atterisce la vita coniugale, come sostiene lui stesso “il quotidiano è il peggior nemico dell’amore, lo stritola”, preferisce quindi condurre con Sara una vita da amanti.


La sua esistenza è monotona. I pochi momenti di divertimento si limitano ad andare il sabato sera con Sara ad un cine-club per guardare vecchi film. Il lettore non sa precisamente che cosa ha spinto il protagonista ad avviare l’inchiesta privata. Magari è stata proprio la monotonia della quotidianità o una certa somiglianza tra il viso della vittima e il suo o magari c’era qualcos’altro, come ad esempio la volontà di restituire la dignità all’uomo ucciso che era stato diffamato dalla polizia e dai giornalisti e non poteva diffendersi.


A tutte queste domande il lettore deve trovare la risposta da solo, ma è evidente che dietro l’indagine svolta si nasconde un motivo personale o persino esistenziale. Lo confermano per altro le parole di Spino pronunciate ad uno dei suoi informatori “se uno non ha il coraggio di andare oltre non capirà mai, sarà solo costretto a giocare per tutta la vita senza sapere perché”.


In questo romanzo Tabucchi, come scrittore, dimostra un’enorme bravura ed un’ottima penna. Ha creato un giallo, scritto secondo tutte le regole di questo genere letterario, nel quale ha incluso tante riflessioni sulla vita umana. Chi vorebbe trovare nel libro i colpi di scena che mozzano il fiato, sfortunatamente non le trovi. È piuttosto un thriller psicologico-esistenziale nel quale lo scrittore ha posto tante domande riguardanti lo stato emozionale e la moralità dell’uomo contemporaneo. A queste domande, però, ciascuno deve trovare le risposte da solo.


 

L’unica cosa che mi ha deluso è la fine della storia. L’autore ha lasciato troppa libertà al lettore per interpretare l’ultima scena del racconto. A mio giudizio, dato che nel testo ci sono numerose domande alle quali il lettore deve rispondere da solo, egli dovrebbe finire il libro in modo più evidente, evitando i possibili equivoci.


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